Bella, divertente, colorata, stravagante, la Giornata dei calzini spaiati, che ormai da una decina di anni si celebra il primo venerdì di febbraio, nasce da un’idea di una maestra di una scuola elementare di Terzo di Aquileia (Udine) con l’obiettivo di sensibilizzare i più piccoli sull’autismo e su tutte le forme di diversità, lanciando un messaggio di solidarietà ed inclusione.

Ma cos’è la diversità? E perché fa così tanta paura da spingerci ad evitare di chiedere, fare domande, capire?

Inizialmente, l’obiettivo della maestra friulana era quello rivolgersi ai bambini.

Ai bambini che, al parco o per strada, guardano con curiosità il ragazzo in carrozzina e si domandano “ma cos’ha?”

Ai bambini che, notando degli strani occhi a mandorla, chiedono “perché parla così?”

Ai bambini che osservano il colore della pelle, guardano una “mano strana” o notano un comportamento “diverso” da quello che ha la maggior parte delle persone.

Perché i bambini notano le differenze, i bambini percepiscono colori diversi, forme diverse, suoni diversi. Però, a differenza di noi adulti, i bambini non giudicano, non hanno pregiudizi, non hanno sovrastrutture: fanno domande perché sono curiosi e perché vogliono sapere.

Ed è giusto che loro abbiano questa curiosità, così come è giusto dar loro delle risposte. Non commettiamo l’errore di ignorare, di girare gli occhi dall’altra parte o di abbassarli bisbigliando un “shhh, non guardare”.

E non commettiamo il grave errore di togliere visibilità, e quindi identità, a qualcuno (disabile o normodotato che sia).

Come ha detto in questi giorni sanremesi Drusilla Foer, “diversità non mi piace, perché ha in sé qualcosa di comparativo e una distanza che proprio non mi convince… un termine in sostituzione potrebbe essere unicità… per comprendere la propria unicità è necessario capire di cosa è composta, di cosa siamo fatti”.

L’appuntamento sui social è per il prossimo anno, ma ricordiamoci che, nella vita reale, la giornata dei calzini spaiati è ogni giorno di ogni anno.